Luisa Casati Stampa, grazie al suo stile unico, è stata la protagonista di feste e cronache mondane per i primi 30 anni del 1900.
Una descrizione dello stile e della personalità, della Marchesa la troviamo nell’autobiografia della designer Elsa Schiaparelli, Shocking Life:
Alta e scheletrica, con un pesante trucco agli occhi, rappresentava lo splendore di un passato in cui poche donne belle e ricche seguivano uno stile di vita tanto individualistico da risultare quasi banale, che ostentavano anche in pubblico. La Marchesa si era presentata in compagnia di una pantera che portava con un guinzaglio di diamanti. Dell’animale ormai non restava che un vellutato vestito nero coperto di cipria bianchissima. Mandai la commessa a portarle un piccolo dono della boutique. La ragazza trovò la Marchesa al letto, tutta truccata da vamp come un tempo, con una coperta di piume di struzzo nere, che consumava una colazione a base di pesce fritto e Pernod liscio.
La moda per lei non è mai esistita perché ha sempre seguito il suo stile utilizzando solo alcuni elementi di moda come strumento per andare in scena, per rappresentarsi.
L’abbigliamento di Luisa Casati Stampa
Il suo stile, che la giornalista Natalia Aspesi definisce da dark lady, non l’ha mai tradita. Anche quando negli anni ’50, viveva da indigente a Londra non ha rinunciato alla veletta, ai guanti di leopardo e ai suoi vestiti neri, spesso in velluto.
Il suo gusto era un mix tra abiti con ampi pantaloni dal sapore orientale e uno stile gotico. Faceva un uso smodato del colore nero, che all’epoca era poco utilizzato nella moda e dalle signore bene dei salotti.
I colori
Appassionata di magia e occulto attribuiva ai colori significati mistici, ad esempio il bianco, che la Marchesa amava, nella cabala medievale si attribuiva ai bambini, ai pazzi e ai religiosi.
L’altro colore, il nero, che spesso abbinava con il viola, simboleggia in molte culture, il trionfo sulla morte.
Fino al 1905 Luisa Casati Stampa indossò i vestiti che andavano più di moda all’epoca, quelli del famoso sarto Charles Frederick Worth. La Marchesa, però, sentiva che quegli abiti non la rappresentavano e non appena conobbe Paul Poiret, capì che il suo stile era ben diverso e che il nuovo couturier riusciva a rappresentarlo molto bene.
Dopo Roma la Marchesa andò a vivere a Venezia e le prime tracce di Luisa Casati Stampa nella città di Venezia si hanno in alcuni scritti di Mariano Fortuny, del 1909, quando le confezionò un modello sperimentale che poi diventerà il suo più famoso: l’abito Delphos. Un vestito rivoluzionario, senza corsetto, prodotto in taglia unica, in seta plissettata. Una sorta di tunica ispirata all’Auriga di Delfi.
Oltre a questo modello di abito, la Marchesa indossava i bellissimi mantelli di Fortuny, spesso per portare in giro per Venezia i suoi levrieri, rigorosamente uno bianco e uno nero, o i suoi ghepardi. La marchesa o La Casati, come venne chiamata a Venezia, sbalordì tutti perché in queste occasioni sotto al mantello non indossava nulla ed era accompagnata da un suo cameriere di colore, Garbi.
Ma è nel 1911 che inizia a vestire i modo sempre più particolare: con i pantaloni dell’harem che Bakst aveva portato nel palcoscenico con Sherazade e Poiret nell’abbigliamento di moda.
Essendo un’opera d’arte vivente anche i suoi abiti dovevano servire a questo e oltre ad affidarsi ai più grandi couturier dell’epoca come Paul Poiret e Mariano Fortuny si fece disegnare i vestiti dai costumisti e artisti più famosi del momento,quali Bakst e Erté.
Anche per andare in giro a fare shopping, la Marchesa faceva parlare di sé, indossando abiti neri in velluto, cappelli a cilindro di pelle di tigre e una benda sull’occhio come un pirata, sempre accompagnata dai suoi animali esotici tra i quali un piccolo coccodrillo portato al guinzaglio.
I costumi di Luisa Casati Stampa
Per le grandi feste i suoi costumi sono stati memorabili: dal modello fontana alla regina della notte, da Sissì alla dea del Sole, per un evento all’Ambasciata britannica a Roma, dove si presentò in abito dorato con un pavone al guinzaglio e i suoi camerieri verniciati d’oro.
Per un’altra festa Poiret le confezionò un abito nero e verde con fiocchi neri e perle, insieme ad un elmetto di piume nere che lei indossò con una parrucca verde. Questo costume, magico ma anche tenebroso, le fece guadagnare il soprannome di “Venere del Père- Lachaise”(il cimitero monumentale di Parigi).
Le scarpe
Passando alle scarpe la Marchesa era molto alta e non necessitava di indossare i tacchi, anche se li amava molto. Utilizzava i tacchi, spesso di madreperla, tempestati di pietre preziose, o addirittura in diamante, ad esempio, quando andava a trovare il piccolo Boldini, per una sorta di sfida.
Il trucco
Anche nel trucco Luisa Casati Stampa rimase fedele a se stessa: viso sempre molto pallido grazie alla cipria, occhi scurissimi e bocca rosso scarlatto. Oltre alle ciglia finte e a gocce di Belladonna all’interno dell’occhio per esaltare la pupilla verde, metteva delle strisce di velluto sotto la rima inferiore per aumentare l’intensità.
I capelli
Per quanto riguarda i capelli c’è una cosa che la Marchesa non cambiò mai: il taglio. Unico, originale e inusuale per l’epoca: un taglio corto, un caschetto di ricci. Mentre tutte le donne avevano capelli lunghi che portavano acconciati, Luisa Casati Stampa decise di tagliarli e da allora rimasero per sempre così. La cosa che invece amava cambiare era il colore. Spesso indossava anche delle parrucche. o lasciava i suoi capelli di colore rosso, come viene rappresentata in tutti i dipinti, e attaccava delle corna dorate di ariete alle tempie.
I gioielli
Per quanto riguarda i gioielli la Marchesa si serviva dai gioiellieri più in voga, come ad esempio René Lalique. Amava le perle, indossava tantissimi fili lunghi di perle e un anello con una grande perla nera e uno con una perla bianca.
Ne aveva davvero tanti di gioielli di forme diverse e anche d’Annunzio fu in difficoltà a regalarle qualcosa che riuscisse stupirla.
Oltre ad indossare gioielli veri, la Marchesa si adornava di gioielli “vivi”. Una volta arrivò ad una festa con una collana dorata a forma di serpente e quando un invitato le chiese se era un monile dell’antico Egitto, la collana iniziò a muoversi, il serpente era vero! E così molto spesso li metteva anche sulle braccia come braccialetti o sui capelli per sembrare una Medusa.
La Marchesa divenne involontariamente ispirazione per un pezzo cult della Maison Cartier: la pantera. Aveva posizionato una pantera meccanica imbalsamata all’ingresso della sua dimora parigina, il Palais Rose, allo scopo di “sorprendere gli ospiti e allontanare i ladri” e così quando dalla Maison andarono a portare i gioielli alla Marchesa rimasero affascinati dall’animale che venne riprodotto in prezioso, diventando negli anni un simbolo del brand.
Ai gioiellieri la Casati non commissionava soltanto monili ma anche scatole ricoperte di raso (dei grandi portagioie) per far viaggiare comodi i suoi serpenti.
Anche lei viaggiava comoda e soprattutto con un suo stile, utilizzando le sue tantissime valigie e bauli, rivestiti in velluto nero e pelle di leopardo.
La moda rende omaggio a Luisa Casati Stampa
La Marchesa Casati non è mai stata dimenticata dalla moda che anzi si è ispirata a lei. Tra i più celebri designer che l’hanno celebrata John Galliano nella sua collezione per Dior del 1998 e Karl Lagerfeld per Chanel nel 2010.
Di storie e descrizioni di look e stile della Casati ce ne sono così tanti che non basterebbe un libro, sicuramente tutta questa stravaganza ha contribuito a creare una leggenda. L’artista Jean Cocteau la definì “il più bel serpente del paradiso terrestre” e in effetti forse è una delle descrizioni più vicine all’indole della Marchesa.